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Didaskàlikos

VI. La sillogistica

1. Di quella parte del discorso che chiamiamo proposizione, esistono due specie, l'affermazione e la negazione. Un'affermazione è per esempio questa: "Socrate passeggia", una negazione è per esempio questa: "Socrate non passeggia". Delle affermazioni e delle negazioni alcune sono universali, altre particolari. Una proposizione particolare affermativa è per esempio questa: "qualche piacere è buono"; una negativa invece: "qualche piacere non è buono". Una proposizione universale affermativa è per esempio questa: "ogni cosa turpe è cattiva"; una negativa invece: "nessuna delle cose turpi è buona".

2. Delle proposizioni, alcune sono categoriche, altre ipotetiche: categoriche sono quelle semplici, per esempio: "ogni cosa giusta è bella"; ipotetiche sono quelle che mostrano conseguenza o incompatibilità.

3. Platone si serve del procedimento sillogistico per confutare e per dimostrare, confutando il falso mediante una ricerca e dimostrando il vero mediante un'esposizione. È il sillogismo un discorso in cui, posti alcuni dati, necessariamente deriva qualcosa di diverso da essi per il solo fatto che questi sono stati posti. Ci sono sillogismi categorici, ipotetici e misti, derivati dai due tipi precedenti: categorici sono quelli le cui premesse e le cui conclusioni sono proposizioni semplici, ipotetici quelli composti di proposizioni ipotetiche, misti quelli che hanno in sé i due tipi di proposizioni.

4. Platone si serve dei sillogismi apodittici nei dialoghi espositivi, dei sillogismi basati sull'opinione con i sofisti e i giovani, dei sillogismi eristici con quelli che sono propriamente detti eristi, quali Eutidemo ed Ippia.

5. Tre sono le figure dei sillogismi categorici: la prima in cui il termine medio è una volta predicato e una volta soggetto, la seconda in cui il termine medio è entrambe le volte soggetto (chiamo termini le parti delle proposizioni, come per esempio in "l'uomo è un essere vivente", diciamo i termini l'uomo e l'essere vivente). Platone spesso costruisce ragionamenti in forma di domanda e risposta seguendo sia le prima figura, sia la seconda, sia la terza. Segue la prima, per esempio, in questo ragionamento dell'Alcibiade: le cose giuste sono belle; le cose belle sono buone; dunque le cose giuste sono buone.
Segue la seconda in questo ragionamento del Parmenide: ciò che non ha parti, non è rettilineo né circolare; ciò che ha una figura, è o rettilineo o circolare; dunque ciò che non ha parti non ha figura. Segue la terza in questo ragionamento della stessa opera: ciò che partecipa di una figura, ha qualità; ciò che partecipa di una figura, è determinato; dunque qualcosa che ha qualità è determinato.

6. Si possono trovare sillogismi ipotetici costruiti da Platone in forma di domanda e risposta in molte delle sue opere. Soprattutto nel Parmenide possiamo trovare ragionamenti come questo: se l'uno non ha parti, esso non ha né principio, né mezzo, né fine; se non ha né principio, né mezzo, né fine, non ha limiti, se non ha limiti, non ha figura; se dunque l'uno non ha parti, non ha neppur figura. Seguendo la seconda figura ipotetica, che i più dicono terza, nella quale il termine medio segue entrambi gli estremi, così Platone ragiona per domanda e risposta: se l'uno non ha parti, non è né rettilineo né circolare; se ha figura è o rettilineo o circolare, se dunque non ha parti, non ha figura. E poi, seguendo la terza figura, che per alcuni è la seconda, nella quale il termine medio precede entrambi gli estremi, nel Fedone Platone così virtualmente argomenta per domanda e risposta: se, avendo appreso la scienza dell'uguale, non ce ne siamo dimenticati, la conosciamo, se invece ce ne siamo dimenticati, dobbiamo richiamarla alla memoria.

7. Platone fa menzione anche dei misti, in primo luogo quelli che dimostrano per mezzo della conseguenza, in questi termini: se l'uno è un tutto intero e delimitato, esso ha principio, mezzo e fine e ha figura, ma l'antecedente è vera, dunque è vera anche la conseguente.

8. Così, in certo qual modo, è possibile vedere attraverso questo esempio in che cosa differiscono i sillogismi sopra ricordati da quelli che confutano per mezzo della conseguenza. Quando dunque uno esattamente conosce le facoltà dell'anima, le differenze fra gli uomini, le specie dei discorsi che convengono a quest'anima o a quest'altra e con precisione intende quali persone possono essere convinte dai discorsi e da quali, costui, se anche sa cogliere il momento opportuno per l'uso di queste sue conoscenze, sarà un oratore perfetto e la sua retorica a buon diritto potrà essere detta scienza del ben parlare.

9. Potremo trovare anche la dottrina dei sofismi tracciata da Platone nell'Eutidemo, se interpreteremo il libro con precisione tale da mostrare alcuni sofismi riguardanti la parola, altri riguardanti i fatti, e le loro soluzioni.

10. Nel Parmenide e in altri dialoghi Platone ha poi mostrato le dieci categorie e nel Cratilo ha percorso l'intero campo dell'etimologia; era insomma un uomo molto valente e ammiratore dei procedimenti definitori e divisori, procedimenti, tutti, che massimamente indicano la natura della dialettica. Ciò che è detto nel Cratilo ha questo significato: Platone indaga se i nomi siano secondo natura o per convenzione e conclude che la giustezza dei nomi è per convenzione, non certo però in assoluto e in maniera casuale, ma in maniera tale che la convenzione sia conseguenza della natura della cosa: la giustezza del nome non è altro, infatti, che l'accordo della convenzione con la natura della cosa. Né, infatti, il dare ad una cosa un nome qualsiasi è una condizione sufficiente per la sua giustezza, né lo sono la natura e la prima parola che pronunciamo vedendo la cosa, ma ciò che deriva da entrambi questi fattori, di guisa che il nome di ogni cosa sia dato in modo corrispondente alla natura della cosa stessa. Certo, infatti, non si dà il nome giusto ponendo a caso un nome di un oggetto a caso, ad esempio ponendo all'uomo il nome di cavallo. Il parlare, infatti, è un agire; non parla giustamente pertanto chi parla in qualsiasi modo, ma solo se parla secondo il modo in cui le cose stanno per natura; poiché il dare nomi è una parte del parlare, come il nome è una parte del discorso, e poiché il dare nomi in modo retto non dipende da una convenzione qualsiasi, ma dalla naturale corrispondenza del nome alla cosa, superiore a tutti nel dare nomi è colui che sa esprimere mediante il nome la natura della cosa. Il nome infatti è uno strumento in funzione della cosa, non preso a caso quindi, ma in stretto rapporto con la natura della cosa. E mediante il nome noi ci comunichiamo l'un l'altro le cose e impariamo a distinguerle, cosicché il nome è uno strumento che serve per insegnare e per distinguere le essenze di ciascuna cosa, come la spola serve per produrre il tessuto.

11. Questo è proprio del dialettico, usare rettamente dei nomi. Come infatti il tessitore usa la spola, conoscendone la funzione, dopo che il falegname l'ha costruita, così il dialettico, dopo che colui che formula i nomi ha dato il nome, può servirsene in modo conveniente. È proprio del falegname costruire il timone, ma è proprio del pilota di usarne bene: così, colui che dà i nomi opera bene la convenzione, se agisce come se fosse presente il dialettico, che conosce la natura delle cose.

 


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