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Didaskàlikos

IV. Il criterio di verità e la teoria della conoscenza

1. Poiché dunque c'è qualcosa che giudica e qualcosa che è giudicato, ciò che è prodotto da questi due fattori si dice giudizio. Propriamente potrebbe essere detto criterio solo il giudizio, ma in senso più generale anche ciò che giudica. Quest'ultimo si dice di due cose, dell'agente che giudica e del mezzo mediante cui si giudica, dei quali l'uno può essere identificato con l'intelletto che è in noi, l'altro con lo strumento naturale del giudicare il vero e, di conseguenza, anche il falso: ciò non è altro che la ragione naturale.

2. Proseguendo, più chiaramente si può dire che giudice è il filosofo, che giudica le cose, ma giudice è anche la ragione, mediante la quale è giudicato il vero che noi abbiamo chiamato anche strumento. Duplice è inoltre la ragione: una è assolutamente incoglibile e sicura, l'altra è scevra da errore solo nella conoscenza delle cose; di esse la prima è possibile a Dio, impossibile all'uomo, la seconda è possibile anche all'uomo.

3. Ma anche questa è duplice: l'una riguarda gli intelligibili, l'altra le cose sensibili; quella di esse che riguarda gli intelligibili è la scienza e la ragione scientifica, quella che riguarda le cose sensibili è la ragione opinante e l'opinione. Ne consegue che la ragione scientifica è stabile e certa, poiché riguarda cose stabili e certe, la ragione probabile e opinabile è generalmente soltanto verosimile, perché non riguarda cose certe.

4. La scienza, riguardando gli intelligibili, e l'opinione, riguardando i sensibili, hanno come principi, rispettivamente, l'intellezione e la sensazione. Dunque la sensazione è un'affezione dell'anima per influenza del corpo; tale affezione rivela in primo luogo la facoltà che ha subito l'affezione stessa. Quando nell'anima in corrispondenza della sensazione si genera, per mezzo degli organi sensoriali, un'impronta (ciò è la sensazione) e poi, con il trascorrere del tempo, tale impronta non si indebolisce, ma resta salda e si conserva, la conservazione di questa è chiamata memoria.

5. L'opinione è una connessione di memoria e sensazione. Quando infatti ci imbattiamo in un oggetto sensibile per la prima volta, da esso ci deriva una sensazione e, da questa, un ricordo; quando in seguito incontriamo di nuovo quell'oggetto sensibile, allora confrontiamo il preesistente ricordo con la sensazione derivata da questo secondo oggetto e dentro di noi diciamo, poniamo "Socrate", "cavallo", "fuoco" e così via; e questo si chiama opinione, quando confrontiamo il ricordo preesistente con la sensazione avuta. Quando essi, confrontati fra loro, sono in accordo, l'opinione è vera, quando invece sono in disaccordo, l'opinione è falsa. Quando qualcuno, avendo in sé il ricordo di Socrate, si imbatte in Platone e ritiene, per qualche somiglianza, di incontrare di nuovo Socrate e collega la sensazione avuta da Platone, come se l'avesse avuta da Socrate, con il ricordo che ha di Socrate, si ha un'opinione falsa. Ciò in cui hanno luogo la memoria e la sensazione, Platone lo paragona a un blocco di cera. Quando l'anima, avendo formato i contenuti dell'opinione, servendosi della sensazione e della memoria, con il pensiero si volge ad essi, come se vedesse le cose da cui sono nati, Platone chiama ciò pittura e talvolta anche immaginazione. Egli chiama invece pensiero il dialogo dell'anima con se stessa e discorso il flusso che esce da essa, attraverso la bocca, con l'articolazione del suono.

6. L'intellezione è l'attività dell'intelletto che contempla i primi intelligibili; essa sembra essere duplice: l'una anteriore all'ingresso dell'anima in questo corpo, quando l'anima contemplava gli intelligibili, l'altra posteriore all'entrata dell'anima in questo corpo. Di queste intellezioni, quella che esisteva anteriormente all'ingresso dell'anima nel corpo si chiama propriamente intellezione, ma dopo l'entrata dell'anima nel corpo, essa, che allora era chiamata intellezione, è detta concetto naturale; essa è un'intellezione che si trova nell'anima. Dunque tutte le volte che diciamo che l'intellezione è principio della ragione scientifica, non parliamo di quella ora detta, ma di quella esistente quando l'anima era separata dal corpo, che, come dicevamo, allora era detta intellezione, ora concetto naturale; essa è chiamata da Platone concetto naturale, scienza semplice, ala dell'anima, e talora memoria.

7. Da queste scienze, che sono semplici, è costituita la ragione naturale e scientifica, che per natura sussiste in noi. Pertanto, poiché esistono la ragione scientifica e la ragione opinante ed esistono l'intellezione e la sensazione, esistono anche gli oggetti che sono propri di esse, cioè gli intelligibili ed i sensibili. E poiché fra gli intelligibili gli uni sono primi, come le Idee, gli altri secondi, come le forme inerenti alla materia e alla materia inseparabili, anche l'intellezione sarà duplice, l'una degli intelligibili primi, l'altra degli intelligibili secondi. E di nuovo, poiché fra i sensibili gli uni sono primi, come le qualità, ad esempio il colore, la bianchezza, gli altri sono gli accidenti, ad esempio l'esser bianco, l'esser colorato, e, oltre ad essi, vi è il composto, ad esempio il fuoco, il miele, così si darà anche una sensazione dei primi sensibili, che si dirà prima, e una dei secondi , che si dirà seconda. I primi intelligibili li giudica l'intellezione non senza la ragione scientifica, con un atto intuitivo e non con un processo discorsivo, i secondi la ragione scientifica non senza intellezione. I primi sensibili e i secondi la sensazione li giudica non senza la ragione opinante, il composto invece la ragione opinante non senza la sensazione.

8. Dato che il mondo intelligibile è un intelligibile primo e il mondo sensibile è un composto, il mondo intelligibile è giudicato dall'intellezione con la ragione, ossia è giudicato non senza la ragione, il mondo sensibile dalla ragione opinante, non senza la sensazione. Poiché diverse sono la contemplazione e l'azione, la ragione retta non giudica allo stesso modo ciò che è proprio della contemplazione e ciò che è proprio della azione, ma, nella contemplazione, indaga il vero e il non vero, in ciò che concerne l'azione, che cosa è proprio e che cosa è estraneo all'uomo e che cosa è l'oggetto dell'azione. Poiché si possiede un concetto naturale del bello e del buono, servendoci della ragione e riferendoci ai concetti naturali come a metri definiti, giudichiamo se le cose sono così belle e buone, o altrimenti.

 


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