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Didaskàlikos

XXXIII. L'amicizia e l'amore

1. L'amicizia, intesa nel senso più elevato e più proprio, non è altro che una reciproca benevolenza; essa sussiste quando ciascuno vuole che un'eguale felicità tocchi al suo prossimo e a se stesso. Questa eguaglianza non è altrimenti salvaguardata che dalla somiglianza dei costumi: infatti, il simile è amico del simile, che sia dotato di misura; le cose che non sono dotate di misura invece, non possono accordarsi né le une con le altre, né con le cose dotate di misura.

2. Vi sono anche alcuni altri rapporti che sono ritenuti amicizie, ma che non sono propriamente tali, perché hanno appena una verniciatura di virtù; di tal fatta è il sentimento naturale dei genitori verso i figli e dei consanguinei fra di loro e il cosiddetto sentimento sociale e di gruppo: questi tipi di amicizia non sempre possiedono una reciproca benevolenza.

3. Come una sorta di amicizia è anche l'amore: c'è un amore buono, proprio di un'anima virtuosa, uno stolto, proprio di un'anima malvagia e un terzo che sta a metà fra i due. Come, dunque, sono tre i modi di essere dell'anima nell'essere vivente razionale, la bontà, la malvagità e un terzo modo a metà fra questi, così anche ci sono tre forme di amore differenti l'una dall'altra: soprattutto i fini, diversi fra loro, dimostrano l'esistenza delle tre forme. Quella stolta si occupa solo del corpo, sottostà al piacere e perciò è qualche cosa di bestiale; quella buona, nella quale si vede l'attitudine alla virtù, si svolge in vista della sola anima; quella di mezzo si interessa di entrambi, aspirando al corpo, ma anche alla bellezza dell'anima.

4. Chi è degno di amore è egli pure nel mezzo, né stolto né buono. Da ciò consegue che si deve rappresentare Eros più come una specie di demone che come un Dio, lui che non è mai entrato in un corpo terrestre e che fa da tramite fra le cose degli dei e gli uomini e viceversa. In generale, dividendosi l'amore nelle tre forme che abbiamo prima detto, l'amore del bene, liberatosi dalla passione, è un'arte che si colloca nella parte razionale dell'anima; le dottrine su di esso dicono che si deve riconoscere l'oggetto degno d'amore, entrarne in possesso e goderne; l'uomo sceglie il proprio oggetto d'amore in conseguenza delle sue disposizioni e dei suoi desideri, se cioè essi siano nobili, siano tendenti al bello, se siano forti ed ardenti; chi possiede un tale amore non possiederà l'amato né rammollendolo, né elogiandolo, ma piuttosto castigandolo e mostrandogli che non deve continuare a vivere così come vive; quando avrà l'oggetto d'amore, starà con lui, incoraggiandolo in quelle cose attraverso le quali diventerà perfetto: per essi il fine sarà il divenire amici, anziché amante e amato.

 


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