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Didaskàlikos

XXIX. La virtù

1. La virtù è una cosa divina: essa è la disposizione perfetta e migliore dell'anima, che rende l'uomo nobile, armonico e saldo nel dire e nell'agire, sia verso se stesso che verso gli altri. Le due specie di virtù sono le virtù attinenti alla ragione e quelle che riguardano la parte irrazionale dell'anima, come la fortezza e la temperanza, giacché la fortezza riguarda la parte irascibile dell'anima e la temperanza la parte concupiscibile. Poiché sono differenti fra loro la parte razionale, quella irascibile e quella concupiscibile, differente sarà anche la perfezione di ciascuna di queste parti: della parte razionale la perfezione sarà la saggezza, di quella irascibile la fortezza, di quella concupiscibile la temperanza.

2. La saggezza è la scienza del bene e del male e di ciò che non è né l'uno né l'altro, la temperanza è l'ordine delle passioni e dei desideri e la disciplina di essi sotto l'egemonico, cioè la parte razionale dell'anima; quando diciamo che la temperanza è un ordine e una disciplina, intendiamo stabilire questo, che c'è una facoltà grazie alla quale i desideri vengono ordinati e disciplinati sotto ciò che per natura deve guidare, cioè la parte razionale.

3. La fortezza è la conservazione di un'opinione legittima a ciò che è da temersi e a ciò che non lo è, cioè è una facoltà che salvaguarda un'opinione legittima. La giustizia è una specie di armonizzazione, l'una in rapporto all'altra, di queste tre virtù; essa è la facoltà mediante la quale le tre parti dell'anima si accordano e si armonizzano vicendevolmente e ciascuna rimane nell'ambito che è suo proprio e che gli spetta per dignità, cosicché essa è la perfezione delle tre virtù, saggezza, fortezza e temperanza. Poiché la ragione esercita il comando e le altre parti dell'anima, secondo la rispettiva funzione, sono ordinate dalla regione e sono obbedienti ad essa, bisogna ritenere che le virtù conseguono vicendevolmente l'una dall'altra.

4. La fortezza infatti, essendo la salvaguardia di una retta opinione, è la salvaguardia della retta ragione: infatti una retta opinione è una retta ragione; la retta ragione deriva a sua volta dalla saggezza. E d'altra parte anche la saggezza sussiste in dipendenza della fortezza: essa è infatti la scienza del bene, ma nessuno può vedere il bene, se è ottenebrato dalla vigliaccheria e dalle passioni che l'accompagnano. Allo stesso modo, chi è intemperante non può essere affatto saggio e, in generale, quando uno, vinto dalle passioni, agisce contro la retta ragione, Platone dice che ad esso capita questo per ignoranza e stoltezza; perciò nessuno può avere saggezza, se è intemperante e vile. Dunque, le virtù perfette sono inseparabili le une dalle altre.

 


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