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Didaskàlikos

II. La vita contemplativa e la vita pratica e i loro rapporti

1. Due sono i tipi di vita, l'uno contemplativo, l'altro pratico: la componente fondamentale della vita contemplativa risiede nella conoscenza della verità, quella pratica nel fare quanto è indicato dalla ragione. Degna di grande onore è certo la vita contemplativa, conseguente ad essa, ma necessaria, la vita pratica: che sia così, diverrà chiaro in seguito.

2. La contemplazione è dunque l'attività dell'intelletto che pensa agli intelligibili, l'azione invece è l'attività dell'anima razionale che si esplica attraverso il corpo. L'anima che contempla la divinità e le intellezioni della divinità è detta essere felice e questo suo stato è chiamato intelligenza; la qual cosa, in verità, si può dire non essere altro che il rendersi simili alla divinità: per conseguenza, questa è la cosa preferibile, preziosa, la più desiderabile, la più conveniente a noi, libera da impedimenti, in nostro potere, causa del fine che ci è posto innanzi. L'azione, invece, è ciò che concerne la vita pratica, venendo compiuti con l'ausilio del corpo, possono essere impediti. Ove le circostanze lo richiedano, il filosofo si adopera per trasporre in caratteri umani ciò che è visto nella vita contemplativa.

3. L'uomo virtuoso, infatti, si interesserà della cosa pubblica ogni qual volta la vedrà malamente amministrata da qualcuno; riterrà pertanto dipendenti dalle circostanze le attività dello stratega, del giudice e dell'ambasciatore, mentre giudicherà migliori, nell'ambito dell'azione, e, in essa, preferibili, lo stabilire leggi e costituzioni e l'educare i giovani. Da quanto si è detto consegue, dunque, che è doveroso per il filosofo non abbandonare assolutamente la contemplazione, ma sempre alimentarla e svilupparla, e dedicarsi alla vita pratica come a qualcosa di conseguente alla contemplazione.

 


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