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Didaskàlikos

XIV. L'anima del mondo, le stelle, i pianeti

1. Dopo aver stabilito la composizione dei corpi, Platone, partendo dalle facoltà che si manifestano nell'anima, ha svolto il suo insegnamento attorno ad essa. Poiché infatti giudichiamo ciascuno degli esseri con l'anima, a ragione Platone ha incluso in essa i principi di tutte le cose che sono, affinché, sempre cogliendo ciascuna delle cose che ci si presentano mediante ciò che è affine e simile, in conformità delle sue attività, noi possiamo anche stabilire l'essenza dell'anima.

2. Dicendo dunque che esiste una sostanza intelligibile indivisibile, ne stabilì anche un'altra, divisibile, relativa ai corpi, mostrando che l'anima può comprendere con l'intellezione ciascuna delle due sostanze; vedendo infatti l'identità e la diversità anche nel mondo degli intelligibili, come in quello dei divisibili, egli ha costituito con tutto ciò l'anima; o infatti il simile si conosce con il simile, come pensano i pitagorici, oppure il dissimile con il dissimile, come pensa Eraclito il fisico.

3. Quando Platone dice che il mondo è generato, non bisogna intenderlo nel senso che ci fu un tempo in cui il mondo non esisteva, ma che il mondo è sempre in divenire e manifesta un principio più originario del suo essere. E anche l'anima del mondo, che è eterna, neppure questa Dio crea, ma la ordina; e si dice che la crea in questo senso: svegliando e volgendo a sé l'intelletto di essa ed essa stessa come da un letargo e da un sonno profondo, affinché guardando verso gli intelligibili di Dio, accolga le idee e le forme, mirando ai pensieri di esso.

4. È dunque chiaro che il mondo è un essere vivente ed intelligente. Infatti, volendo fare il mondo migliore, Dio, di conseguenza, lo fece dotato sia di anima sia di intelletto; infatti, il tutto dotato di anima è migliore del tutto senza anima e così il tutto intelligente è migliore del tutto non intelligente, non essendo possibile forse l'esistenza dell'intelletto senza anima. Trovandosi l'anima estesa dal mezzo agli estremi, avvenne che essa circondasse e avvolgesse tutto il corpo del mondo con un cerchio, con la conseguenza di stendersi su tutto il mondo, di tenerlo in questo modo legato e unito e di avere le parti esterne più forti delle interne, Infatti la parte esterna è rimasta indivisa, quella interna invece fu divisa in sette circoli, essendo stata da principio separata secondo gli intervalli del doppio e del triplo; la parte che è circondata dalla sfera rimasta indivisa è simile all'identico, la parte divisa è simile al diverso.

5. Dio fece poi le stelle e gli astri e di questi gli uni sono immobili, ornamento del cielo e della notte, in numero grandissimo, gli altri, che sono sette, esistono per la generazione del numero e del tempo e per mostrare le cose che sono. Infatti, ha costituito il tempo come intervallo del movimento del mondo, quasi fosse un'immagine dell'eternità, la quale è misura della immobilità del mondo eterno. Gli astri erranti non erano eguali nelle loro facoltà. Il sole infatti li guida tutti, mostrando e illuminando tutte le cose; la luna segue nell'ordine, in virtù della sua facoltà, e così via tutti gli altri pianeti, ciascuno proporzionalmente, nel luogo che gli spetta. La luna determina la misura del mese, perché percorre il proprio giro e riprende il sole in tale periodo; il sole determina la misura dell'anno: percorrendo infatti il cerchio dello zodiaco, completa le stagioni dell'anno; gli altri pianeti hanno ciascuno una propria rivoluzione, queste possono essere conosciute non dal profano, ma da chi abbia conoscenze approfondite; il numero ed il tempo perfetti sono determinati da tutte queste rivoluzioni, quando tutti i pianeti, giunti allo stesso punto, si dispongono in un ordine tale per cui, tracciata mentalmente una linea retta, in perpendicolare, dalla sfera fissa alla terra, si possono vedere i pianeti su questa linea.

6. Dunque, poiché ci sono sette sfere nella sfera errante, Dio fece sette corpi visibili, composti per la maggior parte di fuoco, e li sistemò nelle sfere che si trovano nel cerchio errante del diverso. Pose la luna nel primo cerchio vicina alla terra, il sole nel secondo, l'astro del mattino, che è detto sacro ad Hermes, nel cerchio che procede con la stessa velocità del sole, ma in senso contrario. Al di sopra sistemò gli altri pianeti nella sfera loro propria; collocò il più lento di essi, che alcuni chiamano di Crono, sotto la sfera delle stelle fisse e, dopo di questo collocò il secondo per lentezza, detto di Zeus, quindi quello di Ares. Poi, all'ottavo posto, la potenza più alta che tutti avvolge. Tutti questi astri sono intelligenti, sono viventi, sono dei ed hanno forma sferica.

 


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