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Didaskàlikos

X. Dio

1. Procedendo con ordine, bisogna parlare del terzo principio, che Platone ritiene quasi ineffabile. Noi potremo giungere ad esso in questo modo. Se esistono intelligibili e non sono sensibili, né partecipano ai sensibili, ma ai primi intelligibili, esistono allora intelligibili primi puri, così come esistono sensibili primi; ma l'antecedente è vera, dunque anche la conseguente è vera.. Gli uomini tuttavia, poiché sono pieni delle impressioni dei sensi in modo tale che, anche quando si propongono di pensare l'intelligibile, hanno una specie di riverbero dell'immagine del sensibile, cosicché spesso pensano insieme la grandezza, la figura e il colore, non possono concepire gli intelligibili in modo puro, mentre gli dei possono concepirli separatamente dalle sensazioni, in modo semplice e puro.

2. Poiché l'intelletto è migliore dell'anima e dell'intelletto in potenza è migliore quello che in atto pensa tutte le cose insieme e sempre, e più eccellente di questo è la causa di questo e ciò che può esserci al di sopra di questi, tale è il primo Dio, che è causa dell'eterna attività dell'intelletto di tutto il cielo. Esso lo fa muovere pur rimanendo immobile, come fa il sole nei confronti della vista, quando essa lo guarda, e come l'oggetto di desiderio muove il desiderio, pur rimanendo immobile; così appunto anche questo intelletto muoverà l'intelletto di tutto il cielo.

3. Poiché il primo intelletto è in grado eccelso bello, bisogna che anche il suo intelligibile sia in grado eccelso bello, ma in nulla più bello di lui; dunque pensa se stesso e i suoi propri pensieri, e questa sua attività è appunto l'Idea. Inoltre il primo Dio è eterno, ineffabile, perfetto in sé, cioè senza alcun bisogno, eternamente compiuto, cioè eternamente perfetto, internamente compiuto, cioè internamente perfetto; è divinità, sostanzialità, verità, proporzione, bene. Dico ciò, non intendendo separare queste cose, ma intendendo pensare, mediante esse, un'unità. È bene perché benefica ogni cosa per quanto gli è possibile, essendo causa di ogni bene; è bello perché egli per sua natura è bello e proporzionato; è verità perché è principio di ogni verità, come il sole è principio di ogni luce; è padre perché è causa di ogni cosa e ordina l'intelletto del cielo e l'anima del mondo in relazione a se stesso e alle sue intellezioni. Secondo la sua volontà, infatti, ha riempito ogni cosa di se stesso e, avendo risvegliato l'anima del mondo e avendola volta a se stesso, è causa del suo intelletto. Questo intelletto ordinato dal padre, ordina tutta la natura in questo mondo.

4. È ineffabile e coglibile solo con l'intelletto, come si è detto, poiché non è né genere, né specie, né differenza specifica e nemmeno, d'altro canto, gli si addice alcuna determinazione, né cattiva (poiché non è lecito dire questo), né buona (poiché egli sarebbe tale per partecipazione di qualche cosa e specialmente della bontà); né è indifferente, (poiché ciò non corrisponde alla nozione di esso). Né gli si addice qualità (poiché non ha a che fare con qualità ed è perfetto non in dipendenza da qualità), né è senza qualità (poiché non è privato di qualità che gli possano competere).Non è parte di qualche cosa, né, come un tutto, ha parti, né, di conseguenza, è eguale a qualche cosa, né diverso; niente infatti gli si addice in forza di cui possa essere separato dalle altre cose; né si muove, né è mosso.

5. Si avrà dunque una prima intellezione di Dio per astrazione da queste cose, nello stesso modo in cui concepiamo il punto per astrazione dal sensibile, pensando prima la superficie, poi la linea e infine il punto. Una seconda intellezione di Dio si avrà per analogia, procedendo in questo modo: nel rapporto in cui si trova il sole nei confronti della vista e delle cose visibili, non essendo egli stesso la vista, ma fornendo a questa la possibilità di essere viste, in tale rapporto si trova il primo intelletto nei confronti dell'intelligenza dell'anima e delle cose intelligibili: non è infatti l'intelligenza stessa, ma offre a questa la possibilità di pensare e agli intelligibili di essere pensati, illuminando la verità di essi.

6. Un terzo tipo di intellezione di Dio è il seguente: si contempla la bellezza nei corpi, dopo di essa, si procede fino alla bellezza dell'anima, poi alla bellezza che c'è nelle attività umane e nelle leggi, poi al vasto mare del bello, dopodiché si concepisce il bene stesso essere l'amabile e il desiderabile, come luce luminosa risplendente nell'anima che così si innalza; a ciò si unisce anche la visione di Dio, che eccelle per il suo valore.

7. Dio non ha parti poiché non esiste qualcosa prima di lui; infatti la parte e ciò di cui qualcosa è fatto esistono prima di ciò di cui sono parte; infatti, la superficie esiste prima del solido e la linea prima della superficie; non avendo dunque parti, è immobile sia per quanto riguarda il mutamento spaziale che per quello qualitativo. Se infatti mutasse, ciò avverrebbe o per se stesso o per altro: se fosse per altro, questo sarebbe più forte di lui: se per se stesso, muterebbe o in peggio o in meglio: entrambe le eventualità sono però assurde. Da tutto ciò risulta anche che esso è senza corpo. Questo si dimostra altresì con i seguenti argomenti: se Dio avesse corpo, sarebbe costituito di materia e di forma; ogni corpo è infatti un composto di materia e della forma che in essa è immanente; questo composto è simile alle Idee e partecipa di esse in modo che è difficile a dirsi; è assurdo, allora, che Dio sia fatto di materia e forma: non sarebbe infatti semplice e originario. Di conseguenza è incorporeo.

8. E ancora: se è corpo, sarebbe fatto di materia, dunque sarebbe o fuoco o acqua o terra o aria o qualche cosa che deriva da questi elementi; ma ciascuno di questi non ha carattere di principio. Inoltre, sarebbe posteriore alla materia, se di materia fosse fatto: stante l'assurdità di queste conclusioni, bisogna concepirlo come incorporeo; infatti, se è corpo, è corruttibile e generato e mutevole: ma ciascuno di questi attributi è assurdo nei suoi riguardi.

 


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