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Didaskàlikos

XXIII. L'anima e il suo rapporto con il corpo

1. Procedendo per ordine, dobbiamo parlare dell'anima, riprendendo il discorso di qui, anche se potremmo sembrare ripeterci. Avendo avuto dal primo Dio l'anima umana, che è immortale, come mostreremo, gli dei preposti alla generazione delle specie mortali aggiunsero ad essa due parti mortali. Ma, affinché la parte divina ed immortale dell'anima non venisse insudiciata dalle vanità mortali, la posero come nell'acropoli del corpo. La fecero divenire ciò che comanda e ciò che regna e le assegnarono come abitazione la testa, che ha la forma che imita quella del tutto; le sottomisero, infine, in servitù, il resto del corpo, avendolo costruito come una specie di carro, e alle due parti mortali dell'anima assegnarono all'altra una sede, all'altra un'altra.

2. La parte irascibile la misero nel cuore, quella concupiscibile fra la regione ombelicale e il diaframma, legandola come un'animale furioso e selvaggio. Fabbricarono poi il polmone, in funzione del cuore, senza sangue, poroso e simile a una spugna, affinché il cuore avesse come un imbottimento quando si agita per il ribollire dell'ira. Il fegato, poi, fu fatto perché stimolasse la parte concupiscibile dell'anima, ma anche la calmasse, avendo in sé sia la dolcezza che l'amarezza, e inoltre perché manifestasse la virtù divinatoria attraverso i sogni. Poiché il fegato è liscio, spesso e splendente, in esso risplende la forza portata dall'intelletto. La milza, infine, fu fatta in funzione del fegato, perché lo purificasse e lo rendesse splendente; infatti essa accoglie le impurità che si formano, in seguito a certe malattie, intorno al fegato.

 


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