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Didaskàlikos

XVIII. Il senso della vista

1. Dopo aver posto sul viso gli occhi portatori di luce, collocarono in essi la parte luminosa del fuoco, che, essendo liscia e densa, ritenevano fosse della stessa natura della luce del giorno. Questo fuoco molto facilmente attraversa tutto l'occhio, soprattutto la parte centrale, dato che è purissimo e chiarissimo. Esso, unendosi al fuoco esterno come simile al simile, dà una sensazione visiva; perciò, quando di notte la luce scompare o si oscura, la corrente che esce da noi non può adattarsi più all'aria vicina e, trattenendosi all'interno, mitiga e calma le nostre agitazioni interiori, inducendo al sonno, per il quale anche le palpebre si chiudono.

2. Quando la quiete è molta, ci colgono sonni con brevi sogni, se invece persistono analoghe agitazioni, sorgono in noi moltissime immagini. Le immagini sorte direttamente nella veglia o nel sonno, si costituiscono come abbiamo detto; oltre a queste ci sono poi le immagini derivanti dagli specchi e da ogni altra superficie lucida e liscia , le quali non si producono che per riflesso e sono diverse secondo che lo specchio sia convesso, concavo o messo di traverso. Le immagini, infatti, saranno diverse secondo che i raggi vengano riflessi dalle diverse superfici, disperdendosi dal convesso e riunendosi nel concavo. Così su alcuni specchi la sinistra e la destra si vedono al contrario, su altro allo stesso modo, su altri ancora il basso cambia in alto e viceversa.

 


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