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Didaskàlikos

XVI. La creazione degli esseri viventi e dell'uomo

1. Dopo che ebbe ordinato tutte le cose, Dio lasciò da parte le tre restanti specie di esseri viventi, che dovevano essere mortali, la specie alata, quella acquatica e quella terrestre, e affidò la creazione di queste specie agli dei suoi figli, affinché non diventassero immortali, come sarebbe avvenuto se fossero state create da lui stesso. E, questi dei, prese a prestito alcune parti della materia primordiale per un tempo determinato, per restituirle poi di nuovo a Dio, fecero gli esseri mortali.

2. Poiché la specie umana doveva essere simile il più possibile agli dei, di nuovo, di essa si occupò il padre di tutte le cose, insieme agli dei suoi figli; l'artefice del mondo mandò sulla terra le anime del genere umano in egual numero rispetto agli astri; egli pose ciascuna di esse nell'astro a lei destinato come in un carro e disse loro, alla maniera di un legislatore, tutte le leggi del fato, in modo da non risultarne egli stesso il responsabile; disse che si sarebbero aggiunte alle anime affezioni derivanti dal corpo mortale; in primo luogo le sensazioni, poi il piacere e il dolore, la paura e il coraggio. Alcune anime, dominando tali affezioni e non riuscendone mai dominate, sarebbero vissute secondo giustizia e sarebbero tornate al proprio astro; mentre altre, dominate dall'ingiustizia, nella seconda vita avrebbero assunto la natura di donna e, non cessando di essere tali, esse, infine, sarebbero giunte ad avere una natura d'animale; la fine delle loro pene sarebbe stato il vincere ciò che si era aggiunto loro nella vita mortale e il tornare alla condizione loro propria.

 


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