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Aforismi

di S. H. Nasr

a cura di Giovanni Monastra

da Ideali e realtà dell'Islam (Rusconi):

«Non vi è nulla di più inutile e persino pernicioso che creare un sincretismo da varie religioni con pretese di universalità, mentre in realtà non si fa altro che distruggere le forme di religione rivelate, le quali sono le uniche a rendere possibile la relazione fra il relativo e l'Assoluto, fra l'uomo e Dio» (p. 14)

«L'Islam considera l'uomo quale egli è nella sua natura essenziale, e Dio quale Egli è nella sua assoluta realtà. Il punto di vista islamico è fondato sulla considerazione dell'Essere divino quale è di per se stesso, e non in quanto incarnato nella storia» (p. 15)

«L'Islam, senza sopravvalutare in alcun modo il lato debole e limitato della natura umana, non considera l'uomo come il portatore di una volontà pervertita ma come un essere essenzialmente teomorfico il quale, in quanto rappresentante di Dio sulla terra, è la teofania centrale dei nomi di Dio e delle sue qualità» (p. 16)

«Molti pensatori dell'illuminismo e del periodo razionalistico che hanno creato sistemi teorici antireligiosi non si sono resi conto che nell'uomo vi è un profondo bisogno di religione, un bisogno di afferrare il significato ultimo delle cose, e non sono stati capaci di prevedere che - una volta privato di una religione rivelata -l'uomo, invece di esserne soddisfatto, avrebbe cominciato a creare delle pseudo-religioni, nonché quell'eclettismo, così pericoloso per lo spirito, che la razza umana ha dimostrato negli ultimi due o tre secoli» (p. 25)

«la critica secondo cui l'Islam è una "religione della spada" non è valida. L'Islam, facendo leggi sulla guerra, la limitò, mentre il cristianesimo non la prese neanche in considerazione. Non è certo per caso che le più devastatrici guerre totali di questo secolo sono cominciate in Occidente, là dove il cristianesimo ha costituito l'impulso religioso dominante... La guerra, almeno in senso ristretto, è nella natura delle cose, e l'Islam, piuttosto che lasciarla da parte come se non esistesse, ne ha limitato i danni, ammettendola e quindi provvedendo una legislazione religiosa in proposito» (p. 33)

«La via spirituale, come quella organica, non è fatta per creare dal nulla ma per trasformare e integrare ciò che è preesistente secondo un modello che le proviene essenzialmente dal cielo. Sorprende quindi che tanti scrittori cristiani abbiano negato l'originalità dell'Islam, quando ogni argomentazione a carico dell'Islam potrebbe essere ritorta e dirette, forse con maggiore veemenza, proprio contro il cristianesimo...
il cristianesimo non soltanto ha adottato il punto di vista religioso degli ebrei, così come, d'altra parte, ha accolto l'arte e la filosofia greco-romane, ma ha accettato in toto le istituzioni giuridico-amministrative della civiltà romana. L'Islam, invece, è dotato di una legislazione sua peculiare e di sue istituzioni» (p. 41)

«Dal punto di vista islamico l'unico legislatore è Dio. L'uomo non ha facoltà di fare leggi: egli deve obbedire alle leggi che Dio ha inviato sulla terra per lui. Quindi qualunque governo, per ideale che sia, dal punto di vista della Shari' ah è privo di potere legislativo in senso islamico. Funzione del capo politico non è emanare leggi ma metterle in atto. L'elemento cardinale è costituito dall'esistenza di una legge divina, che deve essere amministrata nella società umana» (p. 121)

«Gli insegnamenti della Shari' ah in materia economica sono basati sul rispetto per la proprietà privata e, allo stesso tempo, sul freno posto alla concentrazione di eccessive ricchezze nelle mani di una sola persona o di un singolo gruppo. L'usura è specificatamente vietata... Il Corano sancisce chiaramente la sacrosanta natura della proprietà privata» (p. 123-4)

da Scienza e civiltà nell'Islam (Feltrinelli):

«Si potrebbe dire che il fine di tutte le scienze islamiche - e, più in generale, di tutte le scienze cosmologiche medievali e antiche - sia quello di dimostrare l'unità e la coerenza di tutto ciò che esiste, sì che, contemplando l'unità del cosmo, l'uomo possa essere guidato all'unità del Principio Divino, di cui l'unità della natura è immagine» (p. 18)

«L'apertura dell'anima romantica alla natura... ha a che fare molto di più col sentimento (o, come essi preferivano chiamarlo, con la "sensibilità") che con la vera contemplazione, poiché un atteggiamento veramente contemplativo si fonda sull´"intellezione". Dovremmo qui tener presente il fatto che l'uso delle parole è soggetto a mutare. I vocaboli "intelletto" e "intellettuale" sono oggi identificati così strettamente con le funzioni analitiche della mente da non consentire più alcun rapporto con la contemplazione. L'atteggiamento che queste parole implicano nei confronti della natura è quello che Goethe avrebbe deplorato ancora all'inizio dell'Ottocento: ossia quell'atteggiamento che risolve, conquista e domina con la forza dei concetti. Esso è, in breve, sostanzialmente astratto, mentre la conoscenza contemplativa è fondamentalmente concreta» (pp. 19-20)

«Considerata come un testo, la natura è un complesso di simboli che devono essere letti in accordo al loro significato» (p. 20)

«Il mondo occidentale ha concentrato... le sue energie intellettuali sullo studio degli aspetti quantitativi delle cose, sviluppando così una scienza della natura i cui risultati clamorosi in campo fisico gli hanno procurato la massima considerazione fra tutti quei popoli per i quali la "scienza" si identifica con la tecnologia e con le sue applicazioni. La scienza islamica, al contrario, si propone in definitiva di conseguire una conoscenza capace di contribuire alla perfezione e alla liberazione spirituale di chiunque sia capace di studiarla; i suoi frutti sono pertanto interiori e segreti, i suoi valori sono più difficili da discernere. Per comprendere ciò, è necessario collocarsi all'interno della sua prospettiva e accettare come legittima una scienza della natura che si propone un fine diverso, e usa mezzi diversi, rispetto alla scienza moderna. Se è ingiusto identificare la scienza occidentale unicamente con i suoi risultati materiali, è ancora più ingiusto giudicare la scienza medievale solo sulla base della sua "utilità" esteriore. Per quanto importante possa essere stata la sua utilità nella determinazione del calendario, nell'irrigazione, nell'architettura, il suo fine ultimo è stato sempre quello di stabilire una relazione fra il mondo corporeo e il suo principio spirituale elementare, attraverso la conoscenza di quei simboli che uniscono i vari ordini di realtà. Essa può essere compresa, e dovrebbe essere giudicata, solo in relazione alle proprie finalità e alle proprie prospettive» (p. 33)

«L'idea di evoluzione, qual è interpretata di solito, è... metafisicamente e teologicamente inaccettabile» (p. 79)

«le scienze della natura... non possono sfuggire alla necessità di avere una visione del mondo, o una visione generale del cosmo, derivata da fonti diverse dalle scienze naturali stesse» (p. 79)

da L'ultima guerra alla natura di Allah (articolo):

«Il sentimento islamico della natura e dell'ambiente è ora in parte offuscato. La civiltà occidentale ha cominciato, a partire dal Settecento, una vera e propria guerra di conquista delle culture diversa. Inoltre, sebbene la religione musulmana abbia continuato a fiorire negli ultimi secoli, abbiamo assistito a una vera e propria distruzione della nostra civiltà operata da fattori interni ed esterni. Si potrebbe dire che il mondo islamico non è più completamente islamico»

«Una creatura che possiede il potere di distruzione senza accettare il limiti è "satanica" nel significato più profondo della definizione di "Satana scimmia di Dio". Nella tradizione islamica, il potere è limitato dalla responsabilità che egli si prende non solo nei confronti di Dio e del resto dell'umanità, ma anche verso l'intera creazione»

Da Il Sufismo (Rusconi):

«Seguire il Sufismo significa morire gradualmente come sé per diventare il vero Sé, cioè rinascere diventando consapevoli di ciò che si è sempre stati dall'eternità (azal), pur senza esserne consci, finché la trasformazione necessaria sia avvenuta. Significa scivolare fuori, cioè liberarsi della propria forma come un serpente della propria pelle» (pp. 17-8)

«La dottrina sufi non afferma che Dio è il mondo, bensì che il mondo, nella misura in cui è reale, non può venire essenzialmente alienato da Dio; se così fosse si giungerebbe a una seconda realtà del tutto indipendente, a una natura divina autonoma, la quale distruggerebbe l'assolutezza e l'unicità che appartengono soltanto a Dio» (p. 53)

«Il razionalismo, così come si è sviluppato in Occidente - un Occidente nel quale il cristiano tradizionale era vincolato a Dio più dal volere che dall'intelligenza, come avviene nell'Islam - è divenuto un diaframma che ha separato l'uomo da Dio e che ha contrassegnato la rivolta degli uomini contro il cielo» (p. 65)

«Non è possibile seguire un'autentica via spirituale senza la guida di un maestro... Il maestro sufi è il rappresentante della funzione esoterica del Profeta dell'Islam... La funzione del maestro spirituale... è appunto quella di rendere attuabili la rinascita e la trasformazione spirituali» (p. 71)

«L'uomo contemporaneo è disorientato dalla sola idea di un possibile elemento di permanenza nel suo rapporto con l'universo, non già perché tale elemento non esista ma perché il problema non è mai considerato dal punto di vista della permanenza» (p. 110)

«L'uomo scorge sempre nella natura il riflesso del suo essere e la concezione che egli ha di se stesso» (p. 117)

«L'esclusività di ogni singola religione è il simbolo della sua origine divina, del fatto che proviene dall'Assoluto, del fatto che rappresenta di per sé un modo compiuto di vita» (p. 133)

«La molteplicità delle religioni è il risultato diretto dell'infinita ricchezza dell'Essere divino» (p. 158)

«E' pressoché inutile ricordare come questa visione dell'unità trascendente delle religioni si trovi agli antipodi del sincretismo moderno e degli pseudo-spiritualismi che in questi ultimi anni in Occidente si sono rafforzati come risultato dell'affievolirsi della tradizione. Non soltanto essi non riescono a trascendere le forme, ma addirittura cadono al di sotto di esse, aprendo la porta a tutte le forze diaboliche che assalgono coloro che sono tanto sfortunati da farsi ingannare dal loro cosiddetto universalismo» (p. 167)

«Finora la scienza moderna ha avuto esiti positivi proprio per il fatto che ha trascurato di considerare l'interrelazione tra le varie componenti della natura e ne ha isolato ogni segmento, in modo da poterlo analizzare separatamente... Fino ad oggi la perdita di questo aspetto dell'interrelazione tra le cose veniva considerata di poco conto, se paragonata al vantaggio di poter giungere a una precisione matematica. Ma oggi che l'applicazione di questa scienza parziale della natura ha distrutto tanta parte della natura stessa e ci minaccia con calamità ben peggiori di quelle avvenute sinora - tanto più da quando gli ecologi hanno scoperto che tutto l'ambiente naturale è un insieme integrato, straordinariamente complesso ma armonioso, sicché nulla in esso funziona se non è strettamente connesso con le altre parti -, è divenuto evidente come sia catastrofica l'omissione nella quale siamo incorsi» (pp. 176-7)

Da L'uomo e la natura (Rusconi):

«Per essere in armonia con la Terra, bisogna esserlo con il Cielo» (p. 8)

«Sebbene la scienza in sé sia legittima, il posto e la funzione della scienza e delle sue applicazioni sono diventati illegittimi e persino pericolosi per la mancanza di una forma più alta di conoscenza con cui integrare la scienza, e per la distruzione del valore sacro e spirituale della natura» (p. 8)

«Con il Rinascimento, l'uomo europeo perse il paradiso, rappresentato dall'età della fede, per avere in cambio la nuova terra della natura e delle forme naturali cui da allora rivolse i suoi interessi. Una natura, tuttavia, che diventava sempre meno il riflesso di una realtà celestiale. L'uomo rinascimentale cessò di essere la creatura bifronte del Medio Evo, mezzo uomo e mezzo angelo, diviso tra cielo e terra, per trasformarsi completamente in uomo...legato alla terra. Conquistò la sua libertà, ma perse quella di trascendere i suoi limiti terrestri. E fu per lui da allora una libertà quantitativa e orizzontale, invece che qualitativa e verticale» (pp. 65-6)

«Essere felice con la natura significa... accettare le sue norme e i suoi ritmi, e non cercare di dominarla e di sopraffarla» (p. 88)

«Né il burocratismo orientale di Needham né alcun'altra spiegazione sociale ed economica bastano a spiegare perché la rivoluzione scientifica, così come è intesa in Occidente, non si sviluppò altrove. La ragione fondamentale è che né nell'Islam né in India e neppure nell'Estremo Oriente la sostanza ed essenza della natura fu tanto svuotata del carattere sacramentale e spirituale, né la dimensione intellettuale di queste tradizioni fu tanto indebolita da consentire a una scienza della natura esclusivamente secolare e a una filosofia secolare di svilupparsi fuori dell'alveo dell'ortodossia intellettuale tradizionale» (p. 101)

Da Knowledge and the sacred:

«L'uomo moderno ha perduto il senso della meraviglia, a causa della perdita del senso del sacro» (p. 3)

«Poiché solo il simile può conoscere il simile, la ragione secolarizzata, che è divenuta l'unico strumento di conoscenza nei tempi moderni, ha lasciato necessariamente la sua impronta e i suoi effetti su ogni cosa che indaga. Tutti i soggetti studiati da un tipo di conoscenza chiuso e ostile alla trascendenza hanno finito con l'essere impoveriti e svuotati della qualità del sacro. Il punto di vista profano è stato capace solo di osservare un mondo profano nel quale il sacro non svolge più alcun ruolo. Infatti, l'intento del tipico uomo moderno è stato quello di "uccidere gli dei" ovunque venissero trovati e di bandire il sacro dal mondo, il quale è stato rapidamente riconfigurato in un nuovo assetto, secondo i canoni di una mentalità laicizzante» (p. 43-4)

«Poiché la formulazione della conoscenza è inseparabile dal linguaggio, la desacralizzazione della conoscenza non poteva non influire sull'uso del linguaggio. Se le lingue europee sono diventate sempre meno simboliche e anche sempre più uni-dimensionali, perdendo molto del senso nascosto proprio a tutte le lingue classiche, deriva dal fatto che sono state associate con modelli di pensiero di tipo uni dimensionale. Il pregiudizio antimetafisico della maggior parte della filosofia moderna si rivela nel tentativo volto a spogliare il linguaggio di ogni significato metafisico, un processo che, tuttavia, è impossibile realizzare del tutto, poiché il linguaggio, al pari del cosmo, ha un´origine divina e non può essere separato totalmente dal significato metafisico che permea le sue radici e al sua struttura» (p. 46)

«La deificazione del processo storico in termini secolari si è imposta nel mondo moderno non solo perché gli insegnamenti metafisici sul tempo e sull'eternità sono stati dimenticati, come effetto della desacralizzazione che ha pervaso sia la sfera della conoscenza e che il mondo fisico, ma anche... a causa della particolare enfasi posta dal Cristianesimo sulla storia, enfasi che non si rileva in altre tradizioni» (p. 233)

«Come l'uomo, le Sacre Scritture sono composte di corpo, anima e spirito oppure delle dimensioni letterale, morale e sapienziale o spirituale. Non tutti i lettori possono comprendere il significato interno presente nel testo, ma anche quelli che non possono afferrare questa saggezza sono coscienti che c'è un qualche tipo di messaggio nascosto nel libro di Dio» (p. 18)

«Scrittura e natura [sono] i due magnifici libri della divina conoscenza» (p. 21)

«L'intelletto si trasforma in ciò che conosce, e il più alto oggetto di questa conoscenza è Dio» (p. 21)

«Il pensiero di Lutero possedeva certi aspetti che sono strettamente correlati con la dimensione sapienziale della Cristianità» (p. 26)

«Il processo di desacralizzazione della conoscenza in Occidente comincia già con gli antichi Greci, tra i quali va vista la prima manifestazione del sorgere di una società antitradizionale nel presente ciclo della storia umana. La perdita dello spirito simbolista, già condannata da Platone, l'annullamento del contenuto sacro presente nel cosmo..., l'emergere di un razionalismo indipendente dalla pura intellettualità e molte altre importanti trasformazioni segnano segnano questo proceso di desacralizzazione » (p. 34)

«Poiché solo il simile può conoscere il simile, la ragione secolarizzata, che è divenuta l'unico strumento di conoscenza nei tempi moderni, ha lasciato necessariamente la sua impronta e i suoi effetti su ogni cosa che indaga. Tutti i soggetti studiati da un tipo di conoscenza chiuso e ostile alla trascendenza hanno finito con l'essere impoveriti e svuotati della qualità del sacro. Il punto di vista profano è stato capace solo di osservare un mondo profano nel quale il sacro non svolge più alcun ruolo. Infatti l'intento del tipico uomo moderno è stato quello di "uccidere gli dei" ovunque venissero trovati e di bandire il sacro dal mondo, il quale è stato rapidamente riconfigurato in un nuovo assetto, secondo i canoni di una mentalità laicizzante» (p. 43-4)

«Poiché la formulazione della conoscenza è inseparabile dal linguaggio, la desacralizzazione della conoscenza non poteva non influire sull'uso del linguaggio. Se le lingue europee sono diventate sempre meno simboliche e anche sempre più unidimensionali, perdendo molto del senso nascosto proprio a tutte le lingue classiche, deriva dal fatto che sono state associate con modelli di pensiero di tipo unidimensionale. Il pregiudizio antimetafisico della maggior parte della filosofia moderna si rivela nel tentativo volto a spogliare il linguaggio di ogni significato metafisico, un processo che, tuttavia, è impossibile realizzare del tutto, poiché il linguaggio, al pari del cosmo, ha una origine divina e non può essere separato totalmente dal significato metafisico che permea le sue radici e al sua struttura» (p. 46)

«La deificazione del processo storico in termini secolari si è imposta nel mondo moderno non solo perché gli insegnamenti metafisici sul tempo e sull'eternità sono stati dimenticati, come effetto della desacralizzazione che ha pervaso sia la sfera della conoscenza e che il mondo fisico, ma anche... a causa della particolare enfasi posta dal Cristianesimo sulla storia, enfasi che non si rileva in altre tradizioni» (p. 233)

«Attraverso lo storicismo, utopia secolare, e l'idea di progresso ed evoluzione, il tempo, per l'uomo moderno, ha tentato in un certo senso di divorare l'eternità e di usurparne il posto, sostituendo l'eterno ora, in cui perennità e divenire si incontrano, con il momento presente, l'attimo fuggente dei piaceri e delle sensazioni effimere... La deificazione del processo storico è divenuta una forza così potente e pressante che ha soppiantato la religione nell'anima di molti uomini» (p. 234)

Vedi anche nella sezione Prospettive il saggio su Seyyed Hossein Nasr.

 

adattamento web a cura di EstOvest

 

 

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Testo inserito in data: giovedì, 1 ottobre, 1998.

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