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Noam Chomsky, Atti di aggressione e di controllo. Una voce "contro"

traduzione a cura di Davide A. Danti, Milano, Marco Tropea Editore ("Le Querce"), 2000, pp. 183, 26.000 Lire.

di Stefano Serafini

«La cosa più importante è stabilire che "si fa come diciamo noi", come ha proclamato trionfante il presidente Bush, annunciando il Nuovo ordine mondiale mentre cadevano le bombe e i missili nel 1991» (p. 57).

Doppia vergogna per l'Europa. Appetto di un continente che non si vorrebbe mera espressione geografica, e in particolare di un Paese come l'Italia, dove rischia il linciaggio morale chiunque si permetta solo di avanzare dubbi sulla necessità di orrori come il bombardamento del Kosovo, con tutto quello che ne è conseguito; dove autorevoli anti-americani di ieri sbattono i tacchi obbedienti davanti alle ipocrite giustificazioni dei bombardieri da 10.000 metri d'altezza, critiche dirette come queste suonano aliene.
Mentre l'Europa devastata nel suo presente e nel suo futuro dall'ultima guerra compiuta sul suo territorio tace e obbedisce zittendo ogni voce di critica, le accuse più schiette agli Stati Uniti d'America, indicati senza mezzi termini come «criminali», si levano dall'America stessa per bocca di uno dei suoi massimi intellettuali. C'è da lodare Marco Tropea Editore (www.saggiatore.it) per la scelta coraggiosa di questa traduzione passata in sordina sui nostri organi di stampa; ma c'è anche da dire che, vedendone la copertina, avevamo all'inizio sperato di leggere l'ultimo volume di Noam Chomsky dedicato alla guerra in Yugoslavia, New Military Humanism. Speriamo sia per la prossima volta.

In questo libro veloce e puntuale il famoso linguista noto anche per l'impegno civile (che evidentemente può permettersi, considerato com'è un "intoccabile"), ci offre la disamina dei principali atti militari e geopolitici USA dello scorso quindicennio, dall'intervento in Nicaragua all'embargo alla Libia per il caso Lockerbie, alla Guerra del Golfo e alle crisi israeliane, spiegandone relazioni, meccanismi e scopi briganteschi.

Un importante leitmotiv del saggio è la critica dell'uso strumentale e altalenante del concetto di "diritti umani" col quale la superpotenza ha giustificato le azioni più aberranti, per poi in altre occasioni calpestare anche formalmente gli stessi principi con estrema indifferenza. Sia però chiaro che quella di Chomsky non è l'indignazione moralistica di chi assiste al corso di un'inevitabile Realpolitik; se così fosse ci troveremmo di fronte a una di quelle operazioni di "critica a chiacchiere" che servono solo a intrattenere le false coscienze mentre le cose vanno come vanno. Si tratta invece dell'analisi cruda di un metodo sistematico di fare politica estera che esprime una cultura profondamente antigiuridica perché imperialistica, libera ormai anche dal contrappeso di una superpotenza antagonista ed altrettanto arrogante. I suoi gestori, cioè, si ritengono svincolati dalla legge perché al di sopra di essa. Il loro scopo non sono il benessere e la sicurezza nazionali, anche, poniamo, a discapito di considerazioni etiche più generali, ma il dominio economico e culturale del mondo e tutto, dalle bombe alle petizioni di sacri principi, è strumentale a tale fine.

Speciale interesse è conferito dall'Autore a un importante mezzo con cui i grandi poteri economici vestiti a stelle e strisce operano in patria e nel mondo: le società di pubbliche relazioni. Si tratta di enti dai bilanci miliardari, il cui compito è costruire l'opinione pubblica inventando a tavolino notizie, penetrando nelle agenzie di stampa nazionali e internazionali, creando dal nulla movimenti di pensiero emotivo. La piazza globale entra in scena come variabile di sostegno ai cannoni, al comando di chi sa scatenarla. Quanti fra noi ancora nutrono l'idea delle fosse comuni in Kosovo? Eppure l'inviato ONU Perez Pujol non ne ha trovato traccia. Chi si ricorda il lager serbo dietro il cui filo spinato giacevano miseri albanesi? Eppure si trattava di un falso reportage con tanto di attori, la cui autrice, scoperta, ha dichiarato di averlo fatto "a fin di bene" (un infinito bene di bombe) mentre la direzione della sua televisione provvedeva lestamente a mettere a tacere la vicenda. L'argomento del controllo totale dell'informazione, d'altronde, era già stato approfondito egregiamente dallo stesso Autore in La fabbrica del consenso.

Analisi interessantissime per noi abitanti del Vecchio Mondo sono dedicate al capestro del Piano Marshall, all'istituto democratico, alla sottile ed invisibile censura europea sulle orme di Orwell (in maniera pulita e senza clamori, scriveva la cassandra inglese, «chiunque sfida l'ortodossia dominante viene messo a tacere con un'efficacia sorprendente»).

Farà bene questo libro, e un poco di rabbia in più, a quanti in Italia si sono resi conto del declino culturale, morale, politico di un continente che si avvia a diventare nazione sotto l'egida economica dell'euro, ma ogni giorno si rivela più debole. L'Europa, triste bandiera "economizzata" e di consumo, sembra aver ceduto definitivamente l'ideale spirituale e umano che dovrebbe costituirne l'essenza, e gira col vento senza più progetti, senza una classe dirigente capace e tantomeno desiderosa di interpretarla (al massimo amministrarla!), del tutto prona alle volontà di chi pretende suo il mondo, anche quando queste vanno contro gli interessi della sua stessa gente, contro i suoi radicali valori di diritto e giustizia.

 

Note

Su Chomsky si può consultare in rete innanzitutto il suo sito ufficiale presso il MIT di Boston, dedicato soprattutto all'opera scientifica: http://web.mit.edu/afs/athena.mit.edu/org/l/linguistics/www/chomsky.home.html

È quindi possibile trovare una ricca selezione dei suoi testi sociali e politici in: http://www.zmag.org/chomsky/

Alcuni di questi (anche alcuni dedicati al Kosovo) sono stati efficacemente tradotti in italiano in: http://www.tmcrew.org/archiviochomsky/

 

Stefano Serafini

 

 

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Articolo inserito in data: domenica, 18 febbraio, 2001.

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